L'eco della tua morte by Karen Sander

L'eco della tua morte by Karen Sander

autore:Karen Sander [Sander, Karen]
La lingua: eng
Format: epub


10

Quando torno in me, mi ritrovo distesa a pancia in giù sul terreno sabbioso, bagnata fradicia e tremante. Qualcosa di pesante mi tiene schiacciata a terra e qualcosa di appuntito mi graffia la gola. Sollevo la testa con cautela e mi giro. Un ramo mi è caduto di traverso sulla schiena. E la punta che sento sul collo è quella del coltello che stringo forte in mano.

Mi metto a sedere, ancora stordita, e guardo l’orologio. Ho perso conoscenza per almeno cinque minuti. Non va per niente bene. A volte mi succede, lo stress diventa così forte che il mio cervello si spegne. Una scappatoia tutt’altro che geniale. Soprattutto in una situazione in cui sarebbe meglio che i miei sensi funzionassero a dovere. A un incrocio trafficato, per esempio, quando i clacson, i rombi dei motori e lo stridio delle ruote diventano insopportabili. Oppure su un’isola deserta su cui si aggira una pazza che prova a spaventarmi a morte. E con un certo successo, anche.

Sposto il ramo e mi massaggio l’avambraccio destro. È scorticato e mi fa un male cane. Il taglio sul collo invece non è grave, non sanguina nemmeno. Mi alzo lentamente. Mi fa male anche il ginocchio. Per fortuna non ero su una scogliera quando sono svenuta, altrimenti sarei finita in mare. Mi rimetto il coltello in tasca e decido di tornare a casa. Sono le undici meno dieci, ma con il ginocchio in queste condizioni impiegherò un po’ a tornare indietro.

Mentre mi tiro su noto un lampo di colore incastrato fra due pietre a una certa distanza da me. È il quadro! Mi avvicino zoppicando e lo tiro fuori. È bagnato e c’è uno strappo sul margine sinistro, ma per il resto sembra intatto.

Lo proteggo tenendo la tela contro il petto e mi avvio verso casa, sfidando la pioggia e il vento con John Maynard.

Diecimila o forse più in processione,

Gli occhi piangono il dolore.

Tra i fiori calano la bara,

Un tappeto di petali la sua ultima dimora.

Una tomba per John Maynard, penso, ma non per Becca. Per lei soltanto l’albero cavo in un cimitero dove non torno da tempo.

E il mare infinito.

Arrivo a casa alle undici e tre minuti. Di Michelle e Eileen non c’è traccia. Mi sfilo la giacca bagnata, poso il coltello sul tavolo della cucina, riempio un bicchiere d’acqua e bevo a piccoli sorsi. L’avambraccio mi brucia e ho ancora delle fitte al ginocchio. Per qualche secondo, là fuori, ho creduto di essere stata aggredita da un assassino. Invece era soltanto un ramo marcio. Che vergogna! Mi sono lasciata intimidire da un ramo.

Metto giù il bicchiere. Alle altre dirò che sono caduta. Non è una bugia.

Ormai sono le undici e dieci. Vado alla finestra e vedo Michelle risalire il sentiero, con la testa china per via della pioggia. Finalmente.

«Allora?» mi chiede appena entra in cucina, bagnata fradicia. «Trovato qualcosa?»

«Soltanto questo.» Indico il quadro malconcio.

«Oh.» Si lascia cadere su una sedia e affonda il viso tra le mani.

Ha l’aria provata. I pantaloni sono sporchi di terra, foglie e rametti si sono impigliati nei capelli, ha un graffio sulla fronte.



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